RIFLESSIONI

Bambini berberi che giocano allegri davanti la moschea di Ouarzazate 5 anni fa.
Bambini berberi che salgono come fulmini pendi ghiacciati sulle montagne dell'Atlante oggi.
Storie di bambini poveri ma allegri con negli occhi la voglia di vita e di scoperta. Bambini diversi dai nostri. Ne stress ne obesità ne pianti per vizi televisivi.
Risalendo pendii innevati fra i più belli del pianeta non posso non pensare all'assurdo di una società che ha tutto e che sta distruggendo il suo futuro, la nostra e una che ha poco o niente e sta lottando per migliorarne il suo, di futuro.
Bambini che piangono per ingozzarsi di video giochi e bomboloni. Bambini che ridono portando le capre al pascolo e chiedono di portarti lo zaino per pochi spiccioli.
Come posso dare ad un bambino di 12 anni il mio zaino, carico di tecnologia e di cose inutili per la vita per fare meno fatica, per arrivare più fresco in cima ad una montagna? Eppure tanti turisti lo fanno, così come regalano caramelle per strada rovinando per sempre questi bambini e facendoli diventare mendicanti di niente.
Come vorrei pulire gli scarponi sul sedere di tanti genitori occidentali che stanno crescendo dei perfetti idioti.
Con Hassan, 12 anni circa, salito a 3800 metri per vendere coca cole ad un prezzo inferiore di quello dei bar italiani, posso solo dividere la merenda. La differenza linguistica non permette dialogo. Abdou, la nostra guida, ci spiegherà poi degli sforzi per scolarizzare la popolazione, per portare case in cemento ed energia elettrica, gas e tutto quanto serve ad una vita decente; cose che per noi sono assolutamente normali. Marocco grande ed ospitale. File di frutteti per chilometri, campi coltivati in collina, montagne alte ed innevate, deserto. Frutta fresca e verdura, yogurt e dolci deliziosi.
Sono ritornato volentieri in Marocco. La parte sci alpinistica è stata un giusto completamento di quella conoscenza iniziata sul calcare di Todra anni fa. E le prospettive di un ritorno futuro sono tutt'altro che remote.
Il Marocco vero, conosciuto attraverso gli occhi ed i sentimenti dei suoi abitanti, nel caos del rifugio pieno all'inverosimile di gente di ogni nazionalità, eppure così semplice e funzionale, con il suo ordine, le camerate, la centrale elettrica alimentata dal torrente. Il the che scorre a fiumi per ritemprare le forze, per parlare in un esperanto di idiomi con i ragazzi locali. Il Marocco conosciuto a casa di Abdou, in un paese dove non arriva la strada, dove tutti ti salutano e ti domandano come va.
La festa berbera per festeggiare la nostra salita al Toubkal con i canti tradizionali urlati tutta al sera al suono del tamburello dai giovani del villaggio mentre ballavano in cerchio secondo le loro tradizioni. Festa vera, fatta per noi ma che divertiva loro, soprattutto loro, niente a che vedere con farse fatte per i turisti. Il Marocco di Marrakech con la sua piazza, incredibile e irripetibile notte della piazza di Marrakech; il casino infernale, i palazzi reali ma anche la farsa creata per i turisti. Quella farsa che molti vedono e poi ritornando parlano di essere stati in Marocco perché da dietro le sbarre di un villaggio turistico hanno visto delle persone che recitano una parte. Il Marocco della solitudine delle vette. Tutti come soldatini in fila al Toubkal e attorno cime su cime. Il Marocco del vento che ti sposta, della neve che ti acceca, della rinuncia alla prima cima. E poi 10 giorni di sole sempre più intenso. Il caldo incredibile dell'Igenouane dove non si stava in cima con il maglione. Forcelle, pendi, cime da salire e da scendere. Sci alpinismo a vista, senza troppe carte da consultare, con il gps comunque sempre fuori zona. Pendii da salire improvvisando; dalla cima cercare una nuova discesa, nella discesa trovare una nuova salita, mai sazi di panorami e di curve. La solitudine di quei valloni saliti all'alba senza esseri umani accanto. Io e la neve. Il ritmo del cuore che batte che si sintonizza con la natura. Vedere il sole che si avvicina, che ti prende che ti riscalda. E dalla cima il deserto e ricordi, tanti ricordi di una vita che non c'è più, ricordi soprafatti da nuovi progetti, da altre montagne, progetti come sempre partiti nella mia testa un secondo prima di calcare la cima, quando la gioia deve ancora esplodere, quando l'ansimo della fatica ancora annebbia la mente e dentro si ha la percezione dell'assoluto. Limbo sospeso per pochi attimi.
Sopra il blu cobalto del cielo, sotto il giallo ocra del deserto, in mezzo il bianco abbagliante della neve su cui scrivere la storia della mia vita.

Massimo

3 luglio 2003