Il fulmine: cos'è, come si forma e come evolve di Emanuele Cinelli

 

A quanto pare è opportuno fare una piccola lezione sui fulmini, per spiegarne la corretta dinamica di formazione ed evoluzione. Preciso che vado a memoria, pertanto ingegneri, periti ed elettricisti vari che frequentano il ng troveranno alcune imprecisioni, ma appositamente non vado a riprendere i miei vecchi libri di scuola, voglio che il testo sia il più semplice possibile. Lascio ad altri la libertà di sbizzarrirsi con tecnicismi e completare quei punti della mia trattazione che risultino non esaurienti o imprecisi (ce ne sono di certo).

Il fulmine altro non è che la fase finale di un evento naturale: la scarica elettrica tra terra e cielo (i lampi sono invece la fase finale della scarica tra nuvola e nuvola).

Come nasce questa scarica? Bene il motivo preciso è irrilevante ai nostri fini, basti dire che per qualche evento la terra acquista elettroni assumento un potenziale (carica elettrica) negativo e il cielo (diciamo così per semplicità) perde elettroni assumendo un potenziale positivo. Ad un certo punto la differenza di potenziale (differenza di tensione) tra terra e cielo diviene talmente alta da vincere la forza isolante della colonna d'aria frapposta fra i due punti che hanno assunto la carica elettrica, quindi gli elettroni possono fluire liberamente da terra verso il cielo per ristabilire l'equilibrio, cioè riportare a zero la differenza di potenziale. In realtà prima che l'equilibrio venga raggiunto, l'aria si ricostituisce, per effetto di un'insieme di concause, e interrompe bruscamente il passaggio di corrente provocando l'arco voltaico da cielo a terra: il fulmine, per l'appunto.

Ora veniamo alla seconda parte della trattazione: in quali punti si genera la scarica?

Invece di utilizzare difficili discorsi tecnici (che tra l'altro non ricordo più bene), mi limito a riepilogare un esperimento che viene fatto fare a tutti gli studenti di elettrotecnica.

Prendete una piastra piana , una sfera e un cono dello stesso materiale e con la stessa area di superficie e ponetele di fronte ad un'altra piastra più grande come in figura:

Ora inducete carica positiva nella piastra grande e la stessa carica negativa nella piastra piccola, nella sfera e nel cono. Bene la prima scarica partirà dal cono, mentre la sfera e la piastra piccola saranno in grado di accumulare una carica ben maggiore.

Ora vieniamo a noi, cosa si evince da tale esperimento?

Che le scariche (che da ora chiamerò per semplicità fulmini) tra cielo e terra avvengono principalmente dalle punte, quindi dalle vette delle montagne e dalle cime degli alberi isolate (un fitto bosco con alberi tutti o quasi della stessa altezza dev'essere assimilato alla piastra piccola o alla sfera).

Inoltre tutta la tensione di scarica viene riversata nello spostamento verso l'alto, lasciando inerti le pendici del cono, chi venga pertanto a trovarsi sulle pendici del monte interessato da una scarica non è direttamente colpito dalla stessa. In effetti può sentirne gli effetti preparatori, causa l'accumolo di carica, ma questi sono perfettamente innoqui e non stanno a predire l'ineluttabilità della scarica su di noi o presso di noi.

In seguito vanno poi considerate le tensioni di terra che si generano durante la fase di strappo (interruzione) della scarica, pure queste sono solitamente innocque, salvo non trovarsi nelle immediate vicinanze della zona di scarica dove potremmo essere coinvolti anche dall'effetto termico o dallo spostamento d'aria. Le correnti di terra possono invece rilevarsi pericolose in prossimità di tetti, qui, infatti, potrebbero bucare l'aria tra il tetto e il terrazzo sottostante, invece che scorrere nel terreno attorno. In pratica viene a crearsi un mini-fulmine con conseguenze anche letali. Lo stesso dicasi per l'apertura di grotte.

Dunque, pericoli ci sono ma non sono così elevati come la fantasia popolare tende a dipingerli: azz, mi sembra dessere tornato ai tempi di Balmat e Paccard; queste sono cose dimostrate ancora dagli Illuministi nella seconda metà del '700. Bastano alcune piccole regole:

- non fermarsi sulle vette, specie se molto piccole e accuminate; - non fermarsi sotto gli alberi isolati, non tanto per il pericolo d'essere colpiti dal fulmine, ma per il pericolo di rimanere ustionati o d'essere travolti dall'albero se dovesse cadere; - ai prati, specie se molto ampi, scegliere il bosco fitto, nel piatto del prato siamo noi a diventare punta; - se un temporale ci sorprende (si fa per dire!) su un ghiacciaio, per lo stesso motivo di prima, potremmo avvertire i segnali di scarica (i peli che si rizzano, i capelli che si rizzano, piccole scariche a fior di pelle o sulla piccozza, ecc.), in tal caso, anche se non è detto che possa trattarsi di un avvisaglia di fulmine, sdraiarsi a terra per ridurre l'effetto di dissipazione della carica; - mai cercare riparo sotto piccoli tetti o in rientranze appena accennate; - mai soffermarsi sull'apertura di caverne e grotte, ma penetrare nelle stesse il più possibile e comunque almeno un paio di metri.

Per quanto riguarda la ferraglia addosso, beh questa potrà al più aumentare l'effetto delle scariche preliminari ma di certo non ci rende più idonei alla scarica rispetto alle tonnellate di rocce che ci stanno intorno, e comunque principe è il principio della dissipazione delle punte, ma delle punte punte, non delle puntine quali possiamo essere noi e i nostri materiali rispetto all'ambiente che ci circonda.

Detto questo, allontanare il materiale non costa nulla, quindi facciamolo pure se proprio dobbiamo restare fermi, ma se appena è possibile guadagnare un posto sicuro, o quantomeno più sicuro, uscire dalla parete o dalla ferrata, facciamolo senza patemi, e con la massima tranquillità, che non vuol dire in lentezza ma nemmeno di corsa.

Ah, un'ultima cosa: attenzione a quello che trovate su Internet, verificate sempre le fonti del sito, di cavolate ce ne sono tante!

Ciao Emanuele

 

27 luglio 2004

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