Ciaspolate al Gran Paradiso
 

Fino ad oggi non avevo frequentato la montagna d'inverno. Per rompere il ghiaccio ho scelto due escursioni con le racchette da neve organizzate dalla cooperativa "Habitat" nel Parco Nazionale del Gran Paradiso.

Domenica 29 dicembre 2002 l'appuntamento è in Val di Rhemes, la meta i Casolari di Entrelor.

Siamo circa 20 persone. Come guida abbiamo Roberto, che per prima cosa ci spiega come utilizzare le racchette da neve. In breve capisco che almeno metà delle persone sono nelle mie condizioni: non le hanno mai messe. Ci sono alcuni sciatori della domenica che hanno voluto variare il loro programma e due ragazzi maltesi che vengono in montagna per la prima volta. Partiamo dalla piccola località di Chanavey e dopo 100 metri mi sembra di essermi abituato alle racchette, complice l'inizio pianeggiante. All'altezza di Rhemes-Notre-Dame il sentiero, coperto dalla neve ma ben visibile, sale sulla destra idrografica della valle. La salita si svolge nel bosco, con un percorso a tornanti. I brevi tratti più ripidi mi permettono di collaudare la tecnica di salita. Sul versante opposto vediamo un branco di camosci che pascola su un pendio appena spazzato da una valanga: dove la neve è stata appena asportata è più facile che trovino cibo.

La gita è interrotta da soste in cui Roberto ci fornisce informazioni naturalistiche sul Parco. Mostra l'attività del picchio, che scava le cortecce degli alberi alla ricerca di insetti. Ma questo animaletto è abbastanza ingegnoso da incastrare nella corteccia le pigne con la punta all'insù, così da essere più comodo a mangiarne i semi. Ci parla poi dei licheni: c'è quello tossico (una volta utilizzato per preparare bocconi avvelenati per le volpi), quello impiegato nell'industria dei cosmetici per fissare i profumi, quello che ama crescere sotto la neve e la cui distribuzione sul tronco degli alberi indica il livello medio del manto nevoso. Il Parco potrebbe poi aver visto il ritorno del lupo, ma non è ancora chiaro se gli avvistamenti siano invece di cani rinselvatichiti. La lince invece, proveniente dalla Svizzera, viene avvistata in modo discontinuo.

A 1800-1900 metri abbiamo 20-30 cm. di neve molle, oltre il limite del bosco ci muoviamo in mezzo metro di neve farinosa. In tutta tranquillità arriviamo ai casolari di Entrelor, a 2124 metri nel vallone omonimo. Abbiamo avuto due ore di sole, ma adesso il tempo si è coperto e diamo l'addio ai panorami sulla Granta Parei e sulla Grand Rousse, due delle montagne più note della valle.

Dopo la sosta per il pranzo ecco l'emozione di scendere nella neve vergine lungo la linea di massima pendenza. Molti di voi saranno sciatori e avranno già sperimentato il fuori-pista, ma per tanti di noi è un'esordio. Scendiamo tagliando abbondantemente il sentiero; ognuno sceglie la sua linea in modo da non passare sulla neve calpestata dagli altri.

Dopo un'ora di discesa e qualche ruzzolone la gita si conclude sulla stradina di fondovalle. Qui togliamo le racchette e torniamo al punto di partenza.

Sabato 4 gennaio 2003 replico, stavolta in Valsavaranche. La guida è sempre Roberto, oggi affiancato da Daniela. Alcuni partecipanti sono degli aficionados delle sue escursioni, altri sono nuovi. Partiamo da Eaux-Rousses, a 1666 metri di altezza, con meta la casa reale di caccia di Orvieille, 500 metri più in alto

Subito abbiamo il privilegio di ammirare una coppia di aquile reali volteggiare sopra le nostre teste. Fino ad oggi avevo incontrato molti animali alpini ma non avevo ma visto l'aquila.

Anche stavolta il sentiero sale a tornanti ma c'è molta più neve fresca di domenica scorsa. Nella prima parte della salita siamo accompagnati dai camosci, che fanno capolino tra gli alberi del bellissimo bosco. Alcuni ci fissano a lungo, altri ci ignorano, due addirittura attraversano con calma il sentiero pochi metri davanti a noi. Invece il sole non si fa vedere, soltanto per 5 minuti riusciamo a scorgere la cima della Grivola e per qualche secondo quella del Gran Paradiso.

Anche oggi Roberto, coadiuvato da Daniela, parla della natura del Parco. In particolare dice che ultimamente per gli animali ci sono stati alcuni inverni molto duri, in cui sono morti anche 600 stambecchi. Il Parco ha deciso di non intervenire, scegliendo così di favorire la selezione naturale. Comunque i camosci sono oggi al massimo storico (10.000 esemplari), gli stambecchi, dopo alcuni anni di calo demografico, si sono ripresi attestandosi sulle 4.000 unità. Gli inverni peggiori per gli ungulati sono quelli dove la neve ghiaccia per il grande freddo e quelli in cui ne cade tanta: in entrambi i casi essi non riescono a scavare sotto la neve per trovare il cibo. Durante l'estate camosci e stambecchi approfittano del clima favorevole per ingerire una gran quantità di cibo. Per questo il Parco raccomanda di non uscire dai sentieri: per non disturbare gli animali mentre stanno facendo scorta di foraggio per i mesi invernali.

Passiamo accanto a tronchi cavi: si tratta di alberi mangiati all'interno dai parassiti. Prima di crollare e spezzarsi l'albero sembra sano, poi rivela la sua malattia. Il picchio è utile perchè si ciba dei parassiti.

Proseguendo la salita, a circa 2000 metri la neve ormai sfiora il metro e il sentiero è quasi indistinguibile. L'onere di aprire la pista spetta a Roberto, le racchette ai piedi cominciano a pesare un pò. Allo sbocco in una conca, la casa di caccia viene annunciata a 200 metri. Un mio accenno a Carl Lewis, che correva la distanza in 19"80, si rivela fuori luogo. Infatti i metri sono un pò di più ma soprattutto sono di più i secondi: circa un quarto d'ora. Da tanti anni avevo sentito parlare della passeggiata che porta a Orvielle. Finalmente ci sono arrivato, non d'estate come ho sempre pensato ma in pieno inverno.

La casa di caccia è chiusa, la conca è esposta al vento, per cui la sosta-pranzo è piuttosto breve. In discesa non resisto alla tentazione di lanciarmi in un buon metro di neve fresca. Un primo pendio sceso in scioltezza e poi eccomi lì con la faccia nella neve e le racchette incastrate nella coltre bianca! Qualche secondo di incertezza, poi un bel colpo di reni, una mezza giravolta (e una fitta al polpaccio che durerà fino a sera), un "Bravo, vedo che hai capito come si fa!" lanciatomi da Roberto ed eccomi almeno in posizione seduta. Un altro sforzo per rizzarmi in piedi (accompagnato dal riacutizzarsi della suddetta fitta) e sono pronto a ricominciare.

Scesi nel bosco seguiamo Roberto che ci apre la pista. Qualche altro passo e torniamo alla partenza, dove abbiamo il piacere di rivedere il volteggio dell'aquila. La gita termina in un bar, davanti a thè, caffè e cioccolata calda e con i più sinceri ringraziamenti a Daniela e Roberto.

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by Andrea62

4 gennaio 2003

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